Storia- Alfa 6 Rolls Royce all'italiana

Storia

lagocomo

L'Alfa 6 fu presentata nell'Aprile del 1979, suscitando grande interesse da parte del pubblico e della stampa specializzata, per il ritorno della casa del Biscione nel mondo delle ammiraglie con motorizzazioni superiori ai 2000 cc. Ma sin da subito e già nelle prime recensioni si metteva in risalto, oltre alle grandi doti stradali, anche alcuni piccoli, ma gravi incovenienti incompatibili con il ruolo di ammiraglia. Specie la stampa tedesca martellava sugli inconvenienti accaduti sugli esemplari pre serie, come tachimetro non funzionante, luce spot che cadeva in mano, pannelli porta montati male e tante altre cose. La verità è che le finiture della prima serie erano identiche a quelle delle Alfasud e Giulietta che costavano la metà. Questo problema fu risolto in parte nella seconda serie, con materiali interni di primo ordine, specie con il velluto dell'imperiale e quello dei sedili. Ma oramai era troppo tardi, il modello già era stato messo nella lista di auto difettose. Aggiungiamo a questo la linea molto classica che non a tutti piaceva ed ecco il patatrac commerciale: il pubblico non la premiò, ottenendo numeri di vendita ridicoli, quasi da auto fatta a mano. Negli studi dell'Alfa Romeo se ne dovevano produrre 30.000 all'anno, invece in 8 anni di listino, ma 6 di produzione, a stento si superò la quota 12.000.

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Un disastro per le casse della già martoriata casa automobilistica. Ma come spesso accade il popolo sbaglia, ricordiamoci che tra Gesù e Barabba scelse quest'ultimo. Ma analizziamo bene cosa accadde. L'auto era un concentrato della migliore tecnologia disponibile all'epoca dall'Alfa Romeo. Basti pensare solo al motore V6 progettato da Giuseppe Busso, al servo sterzo della ZF montato per la prima volta su di una Alfa Romeo, al cambio invertito sempre della ZF, al circuito frenante preso di pari passo dalla BMW serie 7 dell'epoca ed ulteriormente migliorato e tante altre cose. Insomma il meglio del meglio della produzione mondiale automobilistica dell'epoca. Se poi aggiungiamo che per la prima volta in una Alfa Romeo veniva montato il tachimetro elettronico, la chiusura centralizzata, lo specchio esterno a comando elettrico, si può capire che l'auto aveva bisogno di una rete assistenziale all'altezza. Invece fu fallacea, come successe con la Montreal nel 1972. I 6 carburatori monocorpo della Dell'Orto, fortemente voluti da Giuseppe Busso per alimentare il suo V6, erano un capolavoro sulla carta, basti pensare alla vicinanza delle farfalle alla valvola di aspirazione e dell'assenza del relativo collettore, rendendo la risposta del motore brutale ed immediata, ma necessitavano di una messa a punto che la casa madre spesso non riusciva a fare. Figuriamoci il carburatorista sotto casa, che a stento riusciva a carburare una 127! Ed ecco le prime Alfa 6 che giravano a 4 o 5 cilindri. Tanto per dirne una il minimo meccanico sulla 6 non c'è, per avere i famosi 800 g/m bisogna agire con il vacuometro. Invece i più sprovveduti, che poi erano la maggioranza, avvitavano tutto l'avvitabile, andando a far benedire tutte le regolazioni della tiranteria che tra l'altro, prevedeva un complicato sistema di minimo accelerato per abbattere il CO in rilascio. Vi lascio immaginare i risultati. La prima serie si trascinò fino ad inizio del 1983 per poi lasciare il passo alla seconda.

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Migliorata molto nelle finiture interne e adeguata al family feeling della gamma con proiettori rettangolari dotati di tergifari al posto dei 4 rotondi. Spariti pure i 4 rostri dai paraurti, aggiunte modanature di plastica qua e la e modanature cromate sugli sportelli. Il restyling fu curato dalla Bertone di Grugliasco (TO), ma con l'out out di non cambire i lamierati per ragioni di costi, le presse non potevano essere adattate, giacché già si perdevano svariati milioni a vettura sulla linea della 119 ad Arese. Anzi pure la parcella alla Bertone doveva essere minimalista. Pare allora che per dispetto o per alterigia fu lo stesso Nuccio Bertone in persona ad avere l'idea di firmare il restyling della seconda serie con la B rovesciata di Bertone sulle plastiche dei montanti posteriori. Altra grossa novità della seconda serie fù lo suddivisione del modello in ben tre: al vertice sempre un 2500 che prende il nome di Quadrifoglio Oro, ma stavolta alimentato con l'iniezione Bosch LE Jetronic, all'epoca molto di moda ma completamente inadatta ad alimentare il poderoso V6 Alfa, e due versioni con l'IVA leggera del 18% invece del 38 del 2500. La turbodiesel 2500 con il 5 cilindri VM e il 2000 a benzina alimentato ancora (per fortuna) dai 6 carburatori monocorpo della Dell'Orto. La diesellizzazione di una ammiraglia non era cosa semplice: in Alfa fecero un eccellente lavoro, i 105 CV erano subito disponibili e offriva in marcia una silenziosità assolutamente inferiore al modello a benzina. I costi di esercizio erano abbordabili pure alla classe media, nonostante il superbollo, per i consumi contenuti. Il 2000 nonostante i 25 cv in meno e grazie alla conservazione dell'alimentazione a 6 carburatori, conservava brio e coppia che lo portavano al vertice della categoria. Invece per una scellerata recensione sulla prova su strada di Quattroruote dell'epoca, dove la 2000 veniva descritta come lenta e pachidermica, subito subì la definizione di auto lenta e dai consumi mostruosi. Aggiungiamo pure che a causa del prezzo più abbordabile fu acquistata dal ceto medio che spesso la gasizzava, ecco un altro pata trac! La verità è che se si guida una 2000 semplicemente ben carburata e messa a punto, si scopre che l'auto ha perlomeno le stesse prestazioni dell'Alfetta 1800 berlina, ma questa è definita berlina veloce e la 6 2000 lenta: misteri! La seconda serie non riuscì a risollevare le vendite e a stento bissò i 6000 esemplari circa della prima così suddivisi: circa 1100 della 2500 IE, circa 1700 della 2000 e circa 2700 della TD5. Come si vede sono numeri da Lamborghini. La 6 si trascinò fino al 1985, pochissimi esemplari furono finiti nel 1986, specie 2000 e TD5 e rimase in listino fino al 1987 sostituita dalla più "banale" ed abbordabile 164. Falsa ed inspiegabile la storiella che vuole che gli ultimi esemplari invenduti siano finiti all'est Europa, notizia purtroppo citata pure su Wikipedia e quindi diventata must: falsa, falsa ed ancora falsa. In quei paesi non ci sono MAI arrivate le 6!